Questo libro mi ha stregato. Perché mette insieme riflessioni e metafore sulla pratica della lettura con molte immagini – originali, ispiranti – create dall’Art Director Peter Mendelsund: il mix è esplosivo.
Libro consigliato per tutti i #booklovers come me: vi farà riflettere sul perché amate leggere, su cosa succede quando prendete in mano un libro, sulle relazioni fra la lettura e la vita.
Fra tutte le ispirazioni che ho ricevuto leggendolo, parto da questa riflessione sulla co-creazione che avviene naturalmente fra il lettore e l’autore di un libro: “Secondo me, è questo il motivo per cui la lettura funziona: perché rispecchia il procedimento attraverso il quale prendiamo confidenza con il mondo. (..) Dal mondo dell’autore assimiliamo quanto ci è possibile e a questo materiale uniamo il nostro, combinandoli nell’alambicco delle nostre menti di lettori in modo da creare, come alchimisti, qualcosa di unico. La pratica della lettura è come la coscienza stessa della realtà: imperfetta, parziale, nebulosa, co-creativa.”
Poi vi lascio il resto della posta per me (mettetevi comodi, le ispirazioni di questo libro sono molte):
I romanzi (e i racconti) sostengono implicitamente una visione filosofica del mondo. Presuppongono, o propongono, un’ontologia, un’epistemologia, una metafisica.
“A Pietroburgo, non appena il treno si fu fermato ed ella uscì, il primo volto che richiamò la sua attenzione, fu il volto del marito “Ah, Dio mio! Perché gli sono venuti gli orecchi così?” ella pensò, guardando la sua figura fredda e decorativa e particolarmente le cartilagini degli orecchi che ora l’avevano stupita, sostenenti le tese del cappello rotondo.”
Le orecchie di Karenin (il marito tradito di Anna Karenina) crescono proporzionalmente alla disaffezione della moglie. Così, queste orecchie ci dicono ben poco dell’aspetto di Karenin, ma molto dei sentimenti di Anna.
I personaggi sono codici da decifrare. Ed è l’omissione a rendere più ricche le narrazioni.
I personaggi (..) si compongono nella nostra mente, come un collage composto da ritagli.
Alcuni lettori hanno un’immaginazione più vivida di altri? O l’immaginazione che esercitiamo durante la lettura è una risorsa di cui siamo tutti ugualmente, universalmente dotati? Penso che l’immaginazione sia come la vista: la maggior parte delle persone possiede questa facoltà. Anche se, ovviamente, non tutti vedono con la stessa acutezza…
Leggere un romanzo non è un po’ come realizzare uno spettacolo privato? Leggere significa scegliere gli interpreti, la scenografia, la regia, il trucco; significa pianificare l’azione e dirigere la scena.
Eseguiamo un libro, come fosse un brano musicale – eseguiamo la lettura di un libro. Siamo gli autori della performance, ma anche i suoi spettatori. (Come lettori, siamo sia il direttore che l’orchestra, e allo stesso tempo siamo il pubblico)
Interveniamo su qualcosa che è un abbozzo frammentario; leggendo, facciamo uno schizzo e lo riempiamo, lo completiamo con ombreggiature, ne coloriamo gli spazi vuoti…
Continuiamo a leggere perché i libri ci riservano piaceri unici; piaceri che i film, la televisione, e così via, non possono offrire. I libri ci concedono alcune libertà: siamo liberi di essere mentalmente attivi quando leggiamo; siamo a tutti gli effetti partecipi del processo di creazione (di immaginazione) di una storia.
Quando leggiamo, ci ritiriamo dal mondo fenomenico (le cose e le persone che abbiamo intorno, i rumori e gli odori, la nostra esperienza sensoriale è affievolita). E portiamo la nostra attenzione all’interno. Un libro aperto agisce come una tenda, uno schermo: la superficie della pagina argina il mondo, lasciando fuori i suoi stimoli chiassosi e incoraggiando l’immaginazione.
Avete camminato lungo una strada che solitamente percorrete in auto? All’improvviso compaiono dettagli che ad alta velocità non avevate percepito. Vi rendete conto che ogni strada in realtà ne comprende due: quella di chi va a piedi e quella di chi va in macchina. (…)
Per me i migliori libri sono così: li attraverso rapidamente in macchina, ma di tanto in tanto devo rallentare e accostare, per guardarmi intorno rapito. Libri così sono fatti per essere riletti. La prima volta posso correre all’impazzata, alla massima velocità; poi mi godrò una passeggiata senza fretta, in modo da vedere quello che mi sono perso.
Tutti i buoni libri sono, in fondo, dei misteri. (Gli autori tengono per sé delle informazioni, che potrebbero essere rivelate nel corso del tempo. E questa è una delle ragioni per cui ci prendiamo il disturbo di girare le pagine di un libro)
L’ adattamento cinematografico di un libro si dovrebbe guardare – prima di leggere un libro – solo dopo aver valutato, molto attentamente, il fatto che il cast del film ha buone probabilità di diventare, nella nostra mente, anche il cast permanente del libro. E’ un rischio molto concreto.
Ernst Gombrich ci dice che, nel guardare l’arte, non esiste “occhio innocente”. In arte non si può parlare di una ricezione ingenua delle immagini. Vale lo stesso anche per la lettura. Così come i pittori, gli scrittori e anche i giocatori di videogiochi, anche noi facciamo delle scelte: abbiamo facoltà d’azione. (…) Quando vogliamo co-creare, leggiamo. Vogliamo partecipare, e vogliamo sentirci padroni di qualcosa.
Quando entriamo in una storia noi non vediamo immagini, non sentiamo odori, né ascoltiamo suoni, ma proviamo sensazioni agganciate dal nostro passato, che si sovrappongono e si sostituiscono una all’altra: un caso di sinestesia.
Gli scrittori riducono quando scrivono e i lettori riducono quando leggono. Il cervello stesso è costruito in modo da ridurre, sostituire, simboleggiare….La verosimiglianza non è solo un falso idolo, ma anche un obiettivo irraggiungibile. (…) Immaginarsi le storie significa ridurre. Attraverso la riduzione, creiamo significato.
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[…] raccontato nel libro “Che cosa vediamo quando leggiamo”, “I romanzi sostengono implicitamente una visione filosofica del mondo. Presuppongono, o […]