Da qualche anno rifletto sul tema del #desiderio e della #LeggedelDesiderio…questo libro è stato davvero molto prezioso per ritornare sul punto che mi sta a cuore, attraverso due lenti particolari: le #trappole dell’esistenza e la #gioia che va imparata per vivere bene.
L’autore identifica cinque trappole sociali, del mondo:
E identifica una trappola dentro l’Io: lo spazio vuoto presente al fondo di noi stessi, a causa del quale noi risultiamo non-finiti, in-definiti, forse persino in-finiti. E questo vuoto genera un’inquietudine strutturale, una tensione, detta desiderio, che può diventare cupiditas.
L’uomo riesce a superare queste trappole se ne diventa consapevole e se si accorge di “pensare” tre pensieri sbagliati:
La liberazione dalle trappole significherà: dedicarsi (a qualcosa di più importante di sé), essere indipendenti (dalle opinioni degli altri e dal successo), selezionare accuratamente (il nostro cibo spirituale).
Questa volta è davvero molta la posta per me:
“Immagino che anche a voi sia successo di sentirvi in trappola (..) non puoi procedere, non puoi retrocedere e stare fermo è terribile. (..) Non si è in trappola quando si hanno delle difficoltà o dei problemi, perché questa è la condizione pressoché normale del vivere (…) La trappola è tale perché non possiamo fare a meno di ciò che ci intrappola”
“Ma cosa è veramente la vita? È un laboratorio. Nel quale siamo alle prese con un esperimento. (..) E come si capisce se l’esperimento riesce? Dalla gioia: dalla gioia di vivere da esseri umani”
“Sul fatto che siamo socialmente in trappola penso che pochi abbiano dubbi: lo sentiamo distintamente, è un rumore sordo, persistente, una specie di basso continuo che ritma funereo le nostre giornate e che deriva da minacce sempre più incombenti: la possibilità per nulla remota della guerra nucleare (..), l’emergenza climatica di cui ormai tutti siamo tristemente consapevoli (..), lo scollamento tra generazioni mai così profondo nella storia dell’umanità (..) Tutte insieme queste ombre che gravano su di noi formano nella mente un’atmosfera di tale oscura irrespirabile pesantezza da portarci a voler scappare da questo mondo, ma, di fronte a minacce così globali, non è possibile andare da nessuna parte. Siamo in trappola.”
“Un essere umano non può mantenere intatta la propria coscienza se non può mettere in atto il dialogo con se stesso, cioè se perde la possibilità della solitudine, che è necessaria per ogni forma di pensiero” (Hannah Arendt).
“Si può vivere senza l’idea di Dio? Dipende. Senza Dio nel senso teologico si può vivere, e anche abbastanza bene, come dimostra l’esistenza di molti. Ma senza Dio nel senso psichico, cioè come scopo e principio direttivo, non penso si possa vivere (..)
La psiche umana non può fare a meno di un’ideale, di uno scopo, di un valore in base a cui vivere, lavorare, progettare, sognare e poi anche morire; e tale ideale, scopo e valore sommo è esattamente ciò che Dio, psichicamente inteso, rappresenta. (..)
In assenza di qualcosa di superiore rispetto all’Io, ognuno si ritrova a essere governato solo dal proprio desiderio privato (..) Il desiderio è privato non solo perché appartiene al soggetto, ma anche perché è privo di un criterio-guida superiore al proprio Io e quindi condivisibile anche da altri soggetti”
“Prigionia e cattiveria sono strettamente collegate, lo dimostra la comune etimologia latina (..) Tutti noi, intrappolati, diventiamo ogni giorno più cattivi, più duri, più impazienti, più arroganti, più taglienti. E ne siamo soddisfatti…”
“Il fatto che l’etica sia all’inizio e costituisca il fondamento non significa che si debba essere anzitutto buoni e pensare agli altri; no, significa che si deve essere intelligenti e pensare a se stessi. Pensare a come uscire dalla trappola. A come debellare l’ansia, l’insoddisfazione cronica, il malumore persistente, la mancanza di sorriso. A come imparare a vivere. A come raggiungere l’arte del vivere, la quale consiste nella generazione della gioia.”
“In fondo, il nostro unico dovere morale è quello di dissodare in noi stessi vaste aree di tranquillità, di sempre maggiore tranquillità” (Etty Hillesum)
“Uno apre gli occhi, (..) il suo sguardo si raddrizza, e dall’essere ricurvo a forma di uncino, espressione della natura vorace e predatoria della sua precedente immaturità tolemaica, inizia a essere diritto, espressione della rettitudine copernicana che ora lo abita. Il che lo conduce a vivere in modo da fare di sé non un immaturo e vorace complemento di termine, ma un maturo e libero soggetto, responsabilmente legato a un codice di valori che lo rende degno di servire la realtà”
“Quando la nostra energia interiore si raddrizza, (..) la nostra essenza si trasforma. (..) Il che significa che il desiderio (che è il motore della vita e senza il quale non si può vivere) permane, ma cambia direzione: dal dirigersi verso di sé in quanto cupiditas, si dirige verso la realtà in quanto amor. In altri termini si esce dalla trappola trovando qualcosa da amare (..) e la nostra volontà di potenza si trasforma in volontà di relazione.”
“Una delle più belle definizioni di religione che io conosco è la seguente, opera del matematico e filosofo inglese Alfred North Whitehead: religione è ciò che l’individuo fa della propria solitudine. Solitudine è un altro nome per lo spazio vuoto, e in questo senso essere religiosi, ben lungi dal professore dottrine dogmatiche, (..) significa vivere la propria solitudine o spazio vuoto come sentimento di essere alla presenza di qualcosa o qualcuno più importante di sé.”
“Il successo è decretato dagli altri, ma può arrivare e non arrivare. (..) Avviene che si può lavorare con onestà, competenza e creatività e non avere successo.”
“Dal vuoto che esiste dentro di noi può scaturire una particella: é la nostra anima. Non è detto che essa si generi in tutti: in taluni forse, non nascerà mai, e il loro vuoto rimarrà solo vuoto, solo risucchio, vortice, gergo vorace (..) In altri però da una fluttuazione nel loro vuoto scaturisce una particella, si accende una scintilla. Nel loro vuoto interiore avviene un salto quantico, e da qui si produce una diversa configurazione del loro essere. E’ la condizione interiore che la nostra tradizione filosofica e spirituale denomina tramite il concetto di anima. L’anima può apparire e poi scomparire, ma può anche permanere e diventare stabile, se si lavora con calma e attenzione sul proprio vuoto interiore”
“Se è vero, come osservava Pascal, che tutta l’infelicità degli uomini deriva dal non sapersene restare tranquilli in una camera, allora è altrettanto vero che la via della felicità consiste nell’imparare a starsene tranquilli nella propria camera. (..) Non è però per nulla facile e richiede un lavoro, quel tipo di lavoro su di sé che io chiamo lavoro interiore e che consiste in un intreccio di educazione spirituale, di analisi psicologica, di studio rigoroso e disciplina etica. Il suo fine è l’adempimento del precetto delfico “conosci te stesso” (..) Il lavoro interiore ci mette in condizione di dimostrare a noi stessi chi siamo veramente, di conoscere qual è il nostro vero desiderio, di individuare la nostra passione dominante, di scoprire il nostro tesoro più prezioso.”
“Non mi devo rinnegare o sacrificare, devo affermarmi e realizzarmi; Ma questo avverrà tanto più, quanto più mi aprirò alla relazione, perché io sono relazione e la mia struttura ontologica è essere-con ed essere-per. (..) L’ottimismo è l’atteggiamento della mente del cuore che discende da questa intelligenza relazionale.”
“Ciò di cui abbiamo realmente bisogno è una pedagogia della gioia che insegni come imparare a gioire interiormente all’insegna dell’essere e dell’autenticità, in quella profondità esistenziale dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassinano e non rubano”