Yoga non è un libro sullo yoga, parla di molte altre cose ….di amicizia, di follia, dell’Ombra e della pura gioia, di felicità nel donarsi a un gruppo di ragazzi rifugiati su un’isola della Grecia, della gabbia di un ego narcisista, del senso della vita e delle diverse strade per cercarlo, di amore e intimità profonda vissuti (o forse solo sognati?).
Per sintetizzare in poche righe ciò che mi ha lasciato questo libro uso le parole del giornalista Wyatt Mason: “Per quanto la perdita, la violenza e la pazzia siano per Emmanuel Carrère quasi un’ossessione, i suoi libri si avviano sempre verso una conclusione in cui appare all’orizzonte uno spazio di gioia. La loro forza è che sono scritti da uno che conosce bene il prezzo di quella gioia.”
E poi vi lascio la lunga posta per me ….penso che questo sia il libro che mi ha portato più posta negli ultimi anni…….
Sì, andava tutto bene, da un bel po’ non avevo avuto alcun episodio depressivo e non avevo problemi né amorosi né familiari né professionali né materiali – fermo restando che il mio unico vero problema (certamente innegabile, ma comunque un problema da ricchi) era un ego ingombrante, dispotico, di cui aspiravo a ridurre il potere.
La salute mentale, secondo Freud, consiste nell’essere capaci di amare e di lavorare e con mia grande sorpresa da quasi dieci anni ne ero divenuto capace. (…) Freud dà un’altra definizione della salute mentale, non meno folgorante della prima: si è mentalmente sani quando non si è più soggetti alla sofferenza nevrotica (prodotta da sé stessi) ma soltanto alla normale sofferenza umana.
Pitagora, alla domanda: “Perché l’uomo è al mondo?” rispondeva: “Per osservare il cielo”. Se è vero, la maggior parte degli uomini non lo sa, pensa di essere al mondo per trovare l’amore, per arricchirsi, per esercitare un potere, per far crescere il PIL o per lasciare la sua impronta sulla sabbia del tempo.. Sono pochi quelli che sanno di essere al mondo per osservare il cielo. E se non siamo fra questi, è una fortuna conoscere qualcuno che lo sia. Allarga l’orizzonte. Io ho questa fortuna: conosco Hervè….
(Io e Hervè) non litighiamo mai, la nostra amicizia, che è una delle benedizioni della mia vita e, credo, anche della sua, non ha conosciuto né tempeste né eclissi, si nutre delle nostre profonde differenze e perfino di una divergenza. Hervè pensa che siamo al mondo non soltanto per osservare il cielo ma per trovare l’uscita da questo casino che è la vita in terra. (..) io non sono sicuro che ci sia un’uscita, né che l’unico scopo della vita sia cercarla…
E’ un po’ come in quel paese dei Balcani in cui la classe politica era bersaglio di continui attentati e in cui era stata votata una legge che diceva: “Chi spara sul ministro delle Finanze avrà quindici anni di prigione. Chi spara sul ministro dell’Interno, venti. Chi spara sul Ciambellano, dieci. E’ vietato sparare sul Primo Ministro.”
Charles di Foucauld, quando si svegliava di notte, si alzava per principio, qualunque fosse l’ora, e considerava iniziata la giornata – un metodo radicale per curare l’insonnia.
Un’altra definizione della meditazione (…) è accogliere ciò che la vita ha di irritante invece di sfuggirlo. E andare a fondo della nostra irritazione (…) E anche imparare a non giudicare, o in ogni caso giudicare meno, un po’ meno. E rinunciare a quel guardare gli altri dall’alto in basso che è al tempo stesso una colpa morale e un errore filosofico.
Simon Weil diceva che gli studi servono a questo: non a imparare cose, ne sappiamo già abbastanza, ma ad acuire la facoltà dell’attenzione. (…) Il maestro tibetano Chogyam Trungpa era solito dire che dedichiamo al presente solo il 20% della nostra attività cerebrale. Il restante 80% è rivolto per certuni al passato, per altri al futuro.
Desiderare chi mi desidera, perdere rapidamente interesse per chi non è interessato a me è stata una costanza della mia vita amorosa la quale, pur avendomi inflitto altri tormenti – Dio solo lo sa – mi ha quanto meno risparmiato quelli a cui vanno incontro gli uomini che si invaghiscono solo di donne che li snobbano, li ignorano o li prendono in giro.
La mia amica Hélène F. comincia quasi tutte le sue frasi con “tu” e io quasi tutte le mie con “io” (…) Simone Weil diceva: sono in pochi, alla fin fine, a sapere che gli altri esistono.
All’infuori della via di fuga dalla condizione umana, dice Hervé, niente merita di essere conosciuto. In certi giorni, come oggi, io invece penso che ci siano mille altre cose che meritano di essere conosciute più di questa. E che si impara più sulla vita frequentando le dark room, occupandosi di politica o facendo delle fusioni-acquisizioni (…)
(La mia amica Hélène F.) proprio quando credeva di aver chiuso con l’amore si è innamorata. Innamorata follemente, ripeteva. (…) Un incontro del genere è la cosa migliore che possa capitare nella vita. Molti vivono senza sapere che cosa significa e quelli che lo sanno, non so quanti siano in percentuale, diciamo il 20% della popolazione sono le uniche persone al mondo veramente felici.
Sebbene questa idea abbia probabilmente a che fare con il pensiero magico, credo che il tracollo sia iniziato quella notte. Assicurando anche alla donna dei gemelli che ci saremmo amati per sempre (…) mi sono lasciato trasportare da un entusiasmo sincero ma ho sfidato gli dei: hybris. Io che aspiravo all’unità, sono sceso a patti con la divisione ……
Mi piace molto una frase di un anonimo mistico inglese del XIV secolo, autore della “Nube della non conoscenza”: “Perché non a ciò che sei o sei stato guarda Dio con i suoi occhi misericordiosi, ma a ciò che vorresti essere”. Chi avrei voluto essere? Un uomo stabile, un uomo sereno, un uomo su cui si può fare affidamento, un uomo buono, un uomo capace di amare. Perché la sola, autentica posta in gioco in questa lotta, la sola posta in gioco della vita è senz’altro l’amore, la capacità di amare.
La faccio ridere, in un modo che per lei deve essere piacevolmente trasgressivo, quando le spiego con foga che l’enologia mi disgusta e che aborro le persone che, come dicono loro, degustano il vino, lo fanno ruotare a lungo in bicchieri giganteschi e poi gli trovano delle note legnose o un retrogusto di buco del culo.
Secondo lei, una delle cause della crisi è lo squilibrio che esiste fra noi e loro. Noi chiediamo loro di raccontare le loro storie, ma non riveliamo niente delle nostre. Lo scambio è troppo impari.
Erica indossa uno dei suoi abiti da cocktail attillati che mal si intonano tanto al luogo, alla stagione e alla prospettiva di un viaggio quanto al suo fisico da scaricatrice di porto, ma che mi piacciono molto perché sono proprio da Erica e Erica mi piace molto. Mi piace davvero molto, anzi le voglio bene, e mi rendo conto che la sua partenza mi rattrista.
Il regalo di Erica è dirmi che la gioia pura non è meno vera dell’Ombra. Non più vera, certo, ma non meno vera. (…) E’ confortante che il cielo non si apra solo ai santi, ai saggi, ma anche a noialtri membri della famiglia splendida e miserevole dei nervosi, a noialtri aggrediti dai cani neri.