Colpita dalla citazione di Bill Gates “Sii gentile con i nerd. E’ probabile che finirai per lavorare per uno di loro”, ho comprato un libro apparentemente strano e diverso dai soliti libri di business che leggo normalmente. Mi ha incuriosita per le riflessioni sul mondo giovanile e sulle nuove tecnologie, visti da una duplice angolatura.
Da un lato, studio da qualche anno il mondo delle startup e credo che l’innovazione nelle corporation possa venire dall’introduzione delle pratiche organizzative delle nuove imprese tecnologiche (con tutta la difficoltà che questo comporta). Credo inoltre che il futuro del business nelle grandi aziende possa venire lasciando posti di espressione e potere ai giovani, credo nel reverse mentoring e nelle società che scommettono sull’innovazione lasciando il giusto spazio alle nuove generazioni.
Per questo seguo con interesse realtà come Board of Innovation e H-FARM, ho partecipato con entusiasmo a Startupweekend e ho lavorato con passione all’interno di realtà come Talent Garden.
Dall’altro lato, in quanto genitore interessato al futuro (anche) professionale dei miei figli, mi interessano le opportunità delle tecnologie per i giovani. Sono certa che il mondo del lavoro con cui dovranno fare i conti fra qualche anno non avrà nulla a che fare con quello del posto fisso con cui mi sono confrontata negli anni Novanta uscendo dalla Bocconi. Un quarto di secolo, e tutto è cambiato. Per questo quando incontro compagni dei miei figli, che siamo ragazzi delle medie, liceali o universitari, chiedo curiosa se sanno cosa è una startup, se hanno mai partecipato ad un Coderdojo, se sanno creare un app o si sono mai interessati alle stampanti 3D. O se hanno amici che fanno tutto questo.
Il mio desiderio di conoscenza era forte, ma il libro sin dall’introduzione si è rivelato ostico… sia perché un professore universitario specializzato in Teoria e Ricerca Sociale scrive in modo molto complicato e scende in dettagli troppo astratti per me, sia perché non sono una nerd e quindi non riesco ad appassionarmi a certe descrizioni dettagliate (chi è nerd, deve averne gustato molto di più la lettura, come si evince da questa recensione del libro)
Ammetto di non essere ruscita a leggerlo tutto, ma sono comunque arrivata alla fine, con una lettura obliqua, studiandomi introduzione, capitoli più interessanti e conclusioni.
Il libro si basa su una ricerca approfondita condotta attraverso interviste ad autori, negozianti specializzati in articoli per nerd, gestori di community/siti specializzati e gente comune.
Il termine nerd nasce negli anni Cinquanta in USA ed evolve in una vera e propria subcultura anche grazie alla ripresa mediatica da parte dello show tv Saturday Night Show (anni Settanta) e del film La rivincita dei nerd (1984).
In origine l’accezione era negativa, si identificavano come nerd persone emarginate e impopolari a causa di una loro predisposizione allo sforzo intellettivo invece che per lo sport, ma nel tempo è stato invece utilizzato per designare figure positive e creative come Bill Gates, Steve Jobs e Mark Zuckerberg.
Nel libro vengono approfondite attraverso le interviste le differenze fra Nerd, Geek e Hacker. Geek ha un’accezione più commerciale e si riferisce ad una persona più socialmente inserita, come evoca questo pezzo comico dei Rhett e Link. Mentre Hacker connota esperti di sistemi informatici in grado di introdursi in reti informatiche protette a scopi positivi o negativi.
La ricerca ha portato alla scoperta di tre pilastri intorno a cui la subcultura nerd si articola: tecnologia, gioco, inteso come muoversi verso un’incognita artificialmente posta, e immaginazione, la grande capacità conoscitiva che attinge e produce dal mondo delle immagini, con i suoi mondi attigui del non reale, del fantastico e del fantascientifico.
Le persone che ruotano intorno al mondo nerd hanno pratiche particolari, di cui io conoscevo solo vagamente l’esistenza, che dall’autore vengono classificate in:
Sottotitolo:
Gioco, tecnologia e immaginario di una subcultura mainstream
Autore:
ENRICO GANDOLFI, Ph.D. in Teoria e Ricerca Sociale alla Sapienza di Roma e ricercatore al Reasearch Center for Educational Technology della Kent State University in Ohio.
Cosa mi ha insegnato questo libro:
1. Origini e accezione del termine nerd: nasce in USA negli anni Cinquanta ed evolve in una vera e propria subcultura anche grazie alla ripresa mediatica da parte dello show tv Saturday Night Show (anni Settanta) e del film La rivincita dei nerd (1984). In origine l’accezione era negativa, i nerd erano persone emarginate e impopolari a causa di una loro predisposizione allo sforzo intellettivo invece che per lo sport, ma nel tempo è stato invece utilizzato per designare figure positive e creative come Bill Gates, Steve Jobs e Mark Zuckerberg.
2. Fa riflettere e considero molto realistica la citazione di Bill Gates “Sii gentile con i nerds. E’ probabile che finirai per lavorare per uno di loro”