Victor Frankl era uno psichiatra ebreo. Viene liberato nell’aprile del 1945, dopo due anni e mezzo di prigionia nei lager nazisti.
Rientrato a Vienna, prima decide di riscrivere da capo il suo trattato di psicoterapia – Cura medica dell’anima – sulla Logoterapia, la scuola da lui fondata incentrata sulla ricerca del significato. Victor lo aveva già completato prima di essere rinchiuso nel lager e per qualche tempo era riuscito a custodirlo nella fodera del cappotto, ma poi il manoscritto era stato distrutto dalle sentinelle del lager.
Poi detta in sette giorni le sue memorie del lager, che compongono questo secondo libro.
A differenza di altri scampati dagli orrori dei lager Victor qui non si domanda “Perché è dovuto succedere tutto questo?” o “Perché sono morti i miei cari?” ma “Perché sono rimasto vivo io?” Perché, nel senso doppio di:
(a) a causa di cosa sono riuscito a sopravvivere e
(b) per qualche scopo sono sopravvissuto.
La risposta che Victor dà è in entrambi i casi legata al significato della vita:
(a) Victor ritiene che ciò che lo ha tenuto in vita sia stata la sua continua ricerca di un significato della sua vita, anche attraverso la sofferenza che stava vivendo (come diceva Nietzsche: Colui che ha un perché nella vita può sopportare qualsiasi come)
(b) Victor ha vissuto la vita dopo la prigionia come missione per condividere la sua teoria sulla vita e la psicoterapia e per ricordare all’umanità la sua responsabilità di male e di bene:
..il mondo è malato. Ma lo sarà ancora di più se ognuno di noi non farà del suo meglio.
Quindi stiamo attenti- attenti in un senso duplice.
A partire da Auschwitz sappiamo ciò di cui l’uomo è capace. E a partire da Hiroshima sappiamo cosa c’è in gioco.
Ecco la posta per me del libro.
LA RICERCA DEL SIGNIFICATO DELLA PROPRIA VITA
La ricerca di senso è ciò che sostiene la vita e dà la felicità, in qualsiasi circostanza. Per Victor è qualcosa di molto concreto e accessibile ad ogni uomo, si tratta in sostanza di rispondere alla domanda: per cosa vivo, che senso ha la mia vita…
Ognuno ha una specifica vocazione o missione nella vita e vuole o deve raggiungere un obiettivo specifico. In questo senso non può prendere il posto di nessuno e nessuno può prendere il suo posto. Quindi, il compito di ciascuno di noi è tanto unico quanto unica è la nostra capacità di raggiungerlo. (…) Ogni uomo viene interrogato dalla vita; alla vita lui può solo rispondere in modo responsabile.
VIVI COME SE STESSI VIVENDO PER LA SECONDA VOLTA
Questa enfasi sull’essere responsabile si trova anche nell’imperativo categorico della logoterapia: “Vivi come se tu stessi vivendo per la seconda volta e come se la prima avessi sbagliato così tanto da non poter sbagliare ora!”
TRE MODI PER CERCARE IL SIGNIFICATO
Secondo Victor ci sono tre modi per dare un significato alla propria vita:
1- creando un lavoro o compiendo un’azione (vita creativa)
2-sperimentando qualcosa (arte/natura) o incontrando-amando qualcuno (vita ricettiva)
3-attraversando una circostanza inevitabile di sofferenza (tenendo comunque conto che la sofferenza che può essere evitata, va evitata)
IL VUOTO ESISTENZIALE
Il vuoto esistenziale è un fenomeno molto diffuso nel ventesimo secolo. (…) Basta considerare la sindrome nevrotica di massa così pervasiva tra i giovani: c’è abbastanza evidenza empirica che le tre sfaccettature di questa sindrome – depressione, aggressività, dipendenza – siano dovute a ciò che nella logoterapia viene chiamata “vuoto esistenziale”, una sensazione di vuoto e di mancanza di significato.
LA TENSIONE
La salute mentale è basata su un certo livello di tensione: (…) la distanza tra ciò che uno è e ciò che dovrebbe diventare.
IL PASSATO
Alla fine di una giornata durissima nel lager, dopo un giorno di digiuno dato a tutti e 2500 internati del campo per punizione, racconta Victor che era con i suoi compagni di prigionia nella capanna in uno stato d’animo particolarmente cattivo…ad un certo punto il capoposto, un uomo di buon senso, improvvisa un discorso a tutti a riguardo di quanto succedeva e coinvolge Victor a parlare davanti a tutti …
Parlai del passato, di tutte le sue gioie e della luce che esso emanava, pur nell’oscurità dei nostri giorni. (…) Ciò che abbiamo realizzato nella pienezza della nostra vita passata, nella sua ricchezza di esperienza, questa ricchezza interiore nessuno può sottrarcela. Ma non solo ciò che abbiamo vissuto, anche ciò che abbiamo fatto, ciò che di grande abbiamo pensato e ciò che abbiamo sofferto….Tutto ciò l’abbiamo salvato rendendolo reale, una volta per sempre. E se pure si tratta di un passato, è assicurato per l’eternità! Perché essere passato è ancora un modo di essere, forse, anzi, il più sicuro!