C’erano una volta un giardiniere, una principessa e un porcospino …..quale di questi tre personaggi risuona di più in voi?
IL GIARDINIERE conosce la natura e grazie a questa conoscenza è saggio e paziente. E’ capace di preparare il terreno, seminare, coltivare, potare, raccogliere i frutti: rappresenta il prototipo della cura dei rapporti personali e dell’impegno e la capacità necessari per costruire e mantenere viva una relazione.
LA PRINCIPESSA nell’immaginario collettivo è bella, giovane, di nobile famiglia, destinata a diventare regina e può essere altezzosa o semplicemente regale: rappresenta la potenzialità inespressa, che deve ancora maturare, la ricerca evolutiva per diventare ciò che si è, riconoscendo le proprie risorse.
IL PORCOSPINO è un piccolo animale che grazie ai suoi aculei può fare del male, può essere goffo e offensivo: rappresenta la dialettica aggredire-difendersi e la volontà, unita alla capacità, di educare la propria natura, governare i propri istinti e controllare il proprio comportamento.
OK, vi ho già svelato i 3 protagonisti del libro. E l’assassino è la Metafora. Cosa è una metafora?
La parola deriva dal greco “meta” che significa sopra e “phorein” che significa trasportare o portare da un posto all’altro. La metafora porta oltre, trasporta oltre il significato da un campo semantico a un altro.
In retorica è considerata una similitudine abbreviata, in cui una parola viene usata al posto di un’altra per attribuirle significati diversi. Nel dominio terapeutico o nella formazione, per metafora si intende una storia pensata con lo scopo di promuovere in chi la ascolta dei cambiamenti evolutivi, risvegliando le risorse sopite nell’ascoltatore e aggirando le sue barriere razionali di protezione. La storia può ispirarsi a diverse letterature: dalle fiabe alle parabole, dalle storie Zen ai racconti Sufi.
Da parte del TERAPEUTA viene usata in modo strategico, per inviare messaggi terapeutici indiretti rivolti all’inconscio del soggetto, soprattutto quando la parte conscia mostra rigidità o resistenze di varia natura. Il rapporto del FORMATORE con il gruppo d’aula è diverso (come dice l’autrice “il formatore non è in aula per fare terapia di contrabbando”) e la metafora va dunque offerta con modalità diverse. In ogni caso il formatore può usare la metafora per trasferire un concetto, mettere in evidenza un punto, seminare dubbi, stimolare riflessioni, offrire possibilità, quando il clima dell’aula lo permette.
La metafora ha scopi precisi e la sua costruzione segue un metodo definito, dalla comprensione del mondo dell’ascoltatore, alla scelta della storia con i suoi personaggi e i suoi isomorfismi. Anche le parole e le frasi non sono usate a caso, il libro presenta una serie di tecniche linguistiche: termini sensorialmente specificati, operatori modali (volere, potere, dovere, ..), nominalizzazioni, verbi non specificati, parole prive di indice referenziale (persona, gruppo, un giorno, un luogo, ..), ossimori (oscura chiarezza, confusa certezza, …), truismi, postulati conversazionali, “non sequitur”, suggestioni di processo, di contenuto e multiple.
Dopo questa parte di metodo, l’autrice dedica 4 capitoli ad approfondire un campo specifico d’uso delle metafore:
Ecco la posta per me, sparsa in questi 4 capitoli.
LA METAFORA E LA RISTRUTTURAZIONE
La metafora offre lo spunto per operare numerose ristrutturazioni e cominciare a mettere in dubbio un sistema di convinzioni incartapecorito. La ristrutturazione consente di attribuire altri significati all’esperienza, agli eventi, alle situazioni. Crea pertanto una flessibilità percettiva, cognitiva, emotiva a cui può seguire una flessibilità comportamentale.
CONVINZIONI LIMITANTI E CONVINZIONI EVOLUTIVE
Il sistema di convinzioni limitanti è caratterizzato da sensi di impossibilità, doverizzazioni, previsioni catastrofiche e dalla concezione deterministica che il passato condiziona il futuro. Le convinzioni evolutive danno invece il permesso di osare, di provare, di sfidare i propri limiti, di programmare il futuro e di scegliere da un patinato catalogo il proprio destino.
LE CRISI SERVONO A LIBERARE
Le crisi rappresentano quelle mutazioni fisiologiche e naturali che ognuno attraversa nell’arco della vita, alterazioni che modificano i rapporti con se stessi e con l’ambiente. (…) Le crisi servono a liberare il soggetto dal giogo di forze esterne estranee o da una dipendenza autoimposta, erroneamente chiamata amore o dedizione o dovere o spirito di sacrificio. La crisi evolutiva aiuta a tradurre la volontà in azione, la potenzialità in energia, l’ingenuità in padronanza, la distrazione in concentrazione (…)
FILI DISORDINATI, DUBBI, RIMUGINAZIONI, SALTI LOGICI E FRENI IDEOLOGICI
Spesso il soggetto è incatenato dai fili disordinati dei suoi pensieri, inciampa nei suoi dubbi, gira a vuoto nelle sue rimuginazioni, cade nei suoi salti logici, è bloccato da freni ideologici. Il costruttore di metafore si ingegna a trovare la lente che consente di vedere buchi e salti e il bandolo che svela i fili armoniosi di un ragionamento ragionevole.
LA SFIDA E IL PARADOSSO DELL’AMORE
Ogni relazione d’amore è fonte di felicità o d’infelicità: in ogni relazione facciamo i conti con l’ambivalenza fra simbiosi e indipendenza, con una negoziazione tra identità individuale (chi sono io per me) e identità relazionale (chi sono io per te) con un’altalena tra attaccamento e distacco che costringe a convivere con la possibilità della delusione e della perdita. (…) La sfida centrale di una relazione di coppia consiste nel riuscire a darsi alla persona amata restando nel contempo fedeli a se stessi, imparando a bilanciare i sì e i no: il paradosso dell’amore è l’impegno a rispettare pienamente se stessi, a utilizzare i propri e gli altrui egoismi per il benessere della coppia e a rispettare pienamente l’individualità dell’altra persona, la sua unicità.
LA VERITA’ ASSOLUTA
I partner di una coppia sana condividono la convinzione che non esiste una verità assoluta, la Verità con V maiuscola, ma che questa è relativa, mutevole, piena di sfaccettature. Questa convinzione aiuta i due a non irrigidirsi nelle proprie convinzioni, a non tentare di prevaricare sull’altro. (…) Nell’interazione di coppia entrambi sono innocenti, entrambi sono colpevoli. Il carnefice esiste solo se c’è una vittima che ne alimenta il ruolo. L’inseguitore esiste se c’è qualcuno che si fa inseguire.
TRADIMENTO
Il tradimento comporta approfittare della fiducia del partner, della convinzione basata non tanto su prove quando sull’assenza di prove contrarie. Tradimento significa disattendere le aspettative altrui, è menzogna, astuta manovra di controllo.
Il tradimento fa scoprire sia l’inconoscibilità dell’altro, sia parti sconosciute di noi stessi. Rompe una relazione fiduciaria volontaria e consapevole, cancella l’impegno di mantenere la fedeltà all’interno della relazione, dichiara in modo sia simbolico sia concreto un’estraniamento, una presa di distanza dal partner e dalla relazione. Chi subisce il tradimento perde l’innocenza e comprende di essere esposto non solo al rischio di essere tradito, ma anche alla possibilità di diventare traditore, e sperimenta che l’incertezza e l’imprevedibilità fanno parte dell’agire umano e quindi della relazione di coppia.
Il libro contiene ben 116 metafore. Concludo la posta per me con LA PRINCIPESSA E IL CAMBIO DEGLI ARMADI la metafora del libro che ha più risuonato in me, perché mi ricorda la “Legge del Desiderio” e il mio motto “Diventa chi sei”.
C’era una volta una principessa che decide di fare ordine nel suo armadio. Apre e scopre che è strapieno di abiti e abitudini che ha indossato durante le diverse stagioni della vita. Ce ne sono di colori chiari, scuri, sobri, accesi, di forme e tessuti diversi, larghi, stretti, lunghi, corti. Alcuni che appesantiscono, rallentano e impigriscono i suoi passi, e altri che la lasciano libera di muoversi, di camminare con passo leggero e veloce, alcuni che coprono dalla testa ai piedi, altri che con seducenti trasparenze esaltano le forme femminili.
Trova abiti che indossava quando era bambina, adolescente, giovane donna, abiti che ora non le stanno più. Trova abiti e abitudini che amici, amiche, parenti, amanti le hanno messo addosso, con le etichette ben chiare di quello che lei avrebbe dovuto rappresentare per soddisfare le loro aspettative. Ricorda chi glieli ha prestati o messi addosso, con quale intenzione e come lei si sia prestata a indossarli per essere come gli altri volevano che fosse o perché in quel momento o in quell’occasione non sapeva come apparire.
Nota che nell’armadio ci sono anche degli abiti che non ha mai indossato. Come mai? Per pudore, per timore, per riservatezza o perché ha perso un’occasione? Li prova per vedere come le stanno: ora può scegliere se indossarli adesso o se eliminarli dalla vista dei rimpianti.
Ora che ha visto che nel suo armadio ci sono abiti che non vuole più mettere addosso predispone tre scatole: una in cui disporre abiti e abitudini da restituire a chi glieli ha prestati, una seconda ciò che non le sta più bene e una terza ciò che potrà indossare in qualche occasione speciale ma che è inutile tenere in vista. Lascia così solo abiti e abitudini che oggi sono adatti al suo corpo, alla sua età, ai suoi desideri, al suo cuore, alla stagione della sua vita.
Dopo aver svuotato l’armadio guarda il vuoto che ha creato. E avverte un senso pieno di libertà. Finalmente si è liberata di abiti e abitudini del passato che non ha più intenzione di indossare. Ora può riempire quel vuoto con una pienezza che avverte profondamente. Ora che sente questa pienezza sa che da ora in poi indosserà solo abiti costruiti su misura dei suoi desideri e delle sue capacità e con una forma che metta in risalto i suoi migliori aspetti. Abiti che possano evidenziare chi è lei e chi vuole diventare, secondo le varie stagioni della vita.